L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 77 del 20 marzo 2025, ha chiarito un aspetto di particolare rilevanza per le aziende che adottano sistemi di incentivazione basati sulla retribuzione variabile legata al raggiungimento di obiettivi di performance, i cosiddetti premi di risultato o MBO (Management by Objectives).
In particolare, è stato precisato che la quota di retribuzione variabile destinata ai dipendenti sulla base del raggiungimento di obiettivi aziendali o collettivi, se convertita in prestazioni di welfare, non può beneficiare della completa detassazione prevista dall’articolo 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), salvo specifiche condizioni.
Il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente
L’articolo 51 del TUIR stabilisce il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, prevedendo che qualsiasi somma o valore percepito in relazione al rapporto di lavoro sia soggetto a imposizione fiscale. Le uniche eccezioni a questo principio sono quelle previste espressamente dalla legge, tra cui rientrano alcune prestazioni di welfare aziendale come:
• Versamenti a fondi pensione integrativi;
• Contributi per assistenza sanitaria;
• Rimborsi per spese scolastiche o di assistenza a familiari anziani e non autosufficienti;
• Abbonamenti per il trasporto pubblico;
• Buoni acquisto entro determinati limiti.
Tuttavia, affinché queste agevolazioni siano applicabili, le prestazioni di welfare devono essere destinate alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di lavoratori.
Perché i premi di risultato non possono essere detassati se convertiti in welfare?
Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate ha posto l’accento su due elementi fondamentali:
1. Finalità dell’incentivo: il premio di risultato ha lo scopo principale di incentivare la performance del dipendente, premiandone il raggiungimento di specifici obiettivi, piuttosto che favorire la sua fidelizzazione all’azienda, che invece rappresenta una delle finalità tipiche del welfare aziendale.
2. Destinatari del beneficio: nel caso specifico dell’interpello, la conversione del premio in welfare riguardava una platea ristretta di lavoratori (61% dei quadri e 39% degli impiegati), non rispondendo quindi al requisito di generalità o appartenenza a una categoria omogenea di dipendenti richiesto dalla normativa.
In altre parole, il fatto che il premio sia legato alla performance individuale e destinato a una selezione di lavoratori non permette di applicare la detassazione prevista dall’articolo 51 del TUIR.
Implicazioni pratiche per le aziende
Questo chiarimento comporta conseguenze concrete per le imprese che intendono adottare politiche retributive flessibili. Non è possibile ridurre l’imponibile fiscale semplicemente offrendo al dipendente la possibilità di scegliere tra la corresponsione del premio in denaro o la sua conversione in benefit di welfare aziendale.
Le aziende devono quindi prestare particolare attenzione nella progettazione dei piani di welfare e dei sistemi di incentivazione, tenendo conto del fatto che la conversione dei premi di risultato non rientra tra le ipotesi di detassazione automatica.
Conclusioni
La risposta dell’Agenzia delle Entrate ribadisce l’importanza di distinguere chiaramente tra strumenti di incentivazione della performance e strumenti di welfare aziendale. Mentre i primi mirano a premiare il raggiungimento di obiettivi specifici, i secondi hanno lo scopo di migliorare il benessere generale dei dipendenti, rispondendo a criteri di inclusività e omogeneità.
Per le aziende, questo significa che l’introduzione di strumenti di welfare deve essere attentamente valutata, considerando sia le finalità che la platea di destinatari, al fine di garantire il corretto trattamento fiscale e sfruttare appieno le agevolazioni previste dalla normativa.
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