Privacy e rapporto di lavoro: come tutelare i dati personali nel contesto aziendale

18 Aprile 2025

Privacy e rapporto di lavoro: come tutelare i dati personali nel contesto aziendale

Negli ultimi anni, il tema della privacy ha assunto un ruolo centrale anche nell’ambito del lavoro dipendente. L’adozione del Regolamento (UE) 2016/679, noto come GDPR, ha profondamente innovato il modo in cui i dati personali devono essere trattati in ogni settore, compreso quello lavorativo. Questo ha comportato nuove responsabilità per le aziende, che oggi devono coniugare esigenze organizzative, produttive e di sicurezza con il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori.

Il trattamento dei dati personali, infatti, non si limita alla gestione amministrativa del rapporto di lavoro, ma riguarda anche tutte quelle attività quotidiane che implicano l’uso di strumenti digitali, sistemi di controllo, applicativi automatizzati, dispositivi di rilevazione e perfino elementi biometrici. In questo contesto, il ruolo del consulente del lavoro diventa cruciale per guidare le imprese nella corretta applicazione della normativa e nella prevenzione di comportamenti illeciti, anche involontari.

I principi generali del GDPR: responsabilità e trasparenza

Il GDPR ha introdotto un principio chiave: quello della “accountability”, ovvero della responsabilizzazione. Significa che il datore di lavoro, in quanto titolare del trattamento dei dati, non solo deve rispettare la normativa, ma deve anche essere in grado di dimostrare in ogni momento di aver adottato misure adeguate e proporzionate per tutelare i dati personali dei lavoratori.

Il trattamento dei dati, pertanto, deve rispondere a criteri di liceità, correttezza, trasparenza, minimizzazione (cioè limitazione ai soli dati necessari), esattezza e integrità. È inoltre fondamentale che i dipendenti siano informati in modo chiaro e preventivo sulle finalità e modalità di trattamento, attraverso un’informativa privacy esaustiva e aggiornata.

Videosorveglianza sul posto di lavoro: cosa è consentito

Uno degli aspetti più delicati della gestione della privacy in azienda riguarda l’installazione di telecamere e altri strumenti di controllo visivo. L’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che impianti audiovisivi possono essere installati solo per esigenze specifiche – organizzative, produttive, di sicurezza o tutela del patrimonio – e solo previo accordo con le rappresentanze sindacali o autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro.

Non è ammesso un controllo diretto e costante dell’attività del lavoratore attraverso questi strumenti, se non in presenza di sospetti fondati e circostanziati di comportamenti illeciti. In ogni caso, l’uso di tali sistemi deve essere accompagnato dalla predisposizione di informative chiare e dalla visibilità di cartelli informativi nelle aree videosorvegliate. L’inosservanza di queste prescrizioni espone il datore a sanzioni e rende inutilizzabili le eventuali registrazioni a fini disciplinari.

Posta elettronica aziendale e metadati: i limiti della sorveglianza

La gestione della posta elettronica aziendale è un altro ambito in cui è facile incorrere in violazioni, soprattutto quando si utilizzano sistemi che registrano automaticamente log, indirizzi IP, orari, mittenti e destinatari. Tali informazioni, dette “metadati”, rientrano a pieno titolo tra i dati personali e, pertanto, devono essere trattati con le stesse cautele.

Il Garante per la privacy ha stabilito che la conservazione di questi dati non può protrarsi oltre un tempo strettamente necessario (indicativamente non superiore a 21 giorni), salvo comprovate esigenze organizzative. Inoltre, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, l’account e-mail del dipendente deve essere prontamente disattivato, con la possibilità di impostare messaggi automatici per informare i contatti esterni, ma senza accedere al contenuto della casella.

Navigazione internet: controlli possibili solo con cautela

Anche l’utilizzo di internet da parte dei dipendenti può essere oggetto di monitoraggio, ma solo entro certi limiti. Il controllo della cronologia di navigazione è lecito solo se effettuato in modo proporzionato e nel rispetto dei diritti del lavoratore. È vietato, ad esempio, monitorare sistematicamente i siti visitati senza un’informativa specifica e senza l’attivazione delle procedure previste dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.

I controlli sono invece consentiti in caso di fondato sospetto di uso improprio degli strumenti aziendali, purché siano mirati, temporanei e proporzionati, con l’obiettivo di tutelare beni aziendali o evitare comportamenti illeciti.

Geolocalizzazione dei lavoratori: quando è legittima

L’uso di dispositivi GPS installati su veicoli aziendali o dispositivi mobili per monitorare gli spostamenti dei dipendenti è permesso, ma richiede particolari accortezze. Prima di attivare il sistema, è necessario informare i lavoratori e, in alcuni casi, richiedere l’autorizzazione sindacale o dell’Ispettorato. Inoltre, è fondamentale effettuare una valutazione d’impatto, per verificare che il trattamento sia proporzionato rispetto alle finalità perseguite.

L’accesso ai dati raccolti deve essere riservato solo a soggetti autorizzati e, se possibile, le informazioni dovrebbero essere aggregate o anonimizzate. Qualsiasi uso improprio o non dichiarato dei dati di geolocalizzazione può comportare gravi sanzioni.

Sistemi decisionali automatizzati e intelligenza artificiale

Con l’introduzione del DLgs. 104/2022, è stato formalizzato l’obbligo per il datore di lavoro di informare i dipendenti sull’utilizzo di sistemi automatizzati in grado di influire sul rapporto di lavoro. Rientrano in questa categoria software di gestione turni, algoritmi per l’assegnazione di compiti o valutazioni di performance, chatbot per la selezione del personale, strumenti di monitoraggio della produttività e altri sistemi basati su intelligenza artificiale.

L’informativa deve essere dettagliata e includere: finalità del sistema, logiche di funzionamento, dati trattati, misure di controllo e sistemi di correzione. In mancanza di queste garanzie, le decisioni basate su strumenti automatizzati rischiano di essere impugnabili.

Rilevazione presenze e dati biometrici: divieti e alternative

Sempre più aziende stanno adottando sistemi biometrici per rilevare le presenze, come impronte digitali o riconoscimento facciale. Tuttavia, secondo il Garante, tali sistemi sono vietati se non espressamente previsti da una norma di legge o da un contratto collettivo. In assenza di una base giuridica adeguata, il trattamento è considerato illecito, anche se finalizzato a prevenire illeciti o ottimizzare la gestione delle presenze.

In alternativa, è consigliabile ricorrere a strumenti meno invasivi, come badge magnetici o codici PIN, che permettono comunque un controllo efficace senza intaccare la sfera personale del lavoratore.

Conclusioni: un equilibrio da costruire ogni giorno

La normativa privacy nel contesto lavorativo impone un’attenta riflessione da parte delle imprese e dei consulenti che le supportano. Non esiste una regola valida per tutte le situazioni: ogni trattamento richiede una valutazione specifica, che tenga conto del contesto, delle tecnologie utilizzate, delle finalità perseguite e dei diritti coinvolti.

La sfida per il datore di lavoro è quella di conciliare efficienza e innovazione con il rispetto della dignità dei propri collaboratori. Farlo non solo evita sanzioni e contenziosi, ma rafforza la cultura aziendale, promuove un clima di fiducia e contribuisce alla costruzione di un ambiente di lavoro moderno, sicuro e sostenibile.